Una liquidazione trasformata in pensione mensile: è l’idea che accende lo scontro sulle regole per lasciare il lavoro prima. La soglia resta alta, ma il TFR diventa un ponte per anticipare l’uscita

Un’idea che è già entrata nel dibattito pubblico e politico su una proposta molto divisiva che potrebbe rivoluzionare il sistema pensionistico italiano. Claudio Durigon, sottosegretario al Lavoro in quota Lega, ha proposto che i lavoratori possano andare in pensione a 64 utilizzando il TFR come integrazione della pensione.
Ma come funziona questa misura che ha sollevato tante polemiche e proteste? Il procedimento è molto semplice: in pratica il TFR non verrebbe più liquidato tutto insieme alla fine del percorso lavorativo, ma trasformato in una rendita mensile che aiuti a raggiungere la soglia minima richiesta per l’uscita anticipata.
Il TFR è il trattamento di fine rapporto, che viene tassato e accantonato mese dopo mese. Nelle piccole aziende resta in cassa come autofinanziamento, in quelle superiori ai 50 dipendenti confluisce all’INPS. Normalmente questo TFR rappresenta la buonuscita che spetta al lavoratore quando va via o quando va in pensione.
Ed ecco la proposta di Durigon: ora quella cifra non sarebbe più corrisposta per intero quando si lascia il lavoro, ma diventerebbe uno strumento per anticipare l’età pensionabile, fungendo da ponte tra pensione maturata e soglia minima.
Cosa serve per andare in pensione e come funziona la storia del TFR di Durigon
L’idea di Durigon prevede che tutti i lavoratori che abbiano almeno 25 anni di contributi, che siano contributivi o misti, possono richiedere l’uscita a 64 anni. Ma l’assegno previdenziale dovrebbe prevedere almeno 1.616 euro lordi al mese, pari a tre volte l’assegno sociale.

Ed ecco la novità: se la pensione maturata non basta, il TFR verrebbe “spalmato” mensilmente per coprire la differenza. Un esempio: se la pensione stimata è di 1.300 euro, mancano 316 euro per raggiungere la soglia. In questo caso, una parte del TFR verrebbe erogata ogni mese fino a colmare il divario e permettere l’uscita anticipata.
La proposta introduce una tassazione agevolata per chi sceglie di trasformare il TFR in rendita, con un meccanismo simile a quello già in vigore per i fondi pensione integrativi. Inoltre, non ci sarebbe incompatibilità: TFR e previdenza complementare potrebbero sommarsi per raggiungere la soglia, ampliando le possibilità per i lavoratori.
Sindacati e opposizioni hanno già sollevato dubbi. Per la Cgil il TFR resta salario differito, quindi “intoccabile” e non utilizzabile per coprire i vuoti di un sistema previdenziale fragile. Dalle opposizioni arrivano accuse di voler scaricare i costi del welfare sui lavoratori stessi. Per il governo, invece, si tratta di una misura volontaria, non obbligatoria, che lascia al singolo la libertà di scegliere.