Un piccolo versamento ogni mese, custodito nel tempo e lasciato crescere come un seme. È l’idea di uno Stato che prova a guardare al futuro partendo dai più piccoli

Ci sono idee che sembrano uscite da un racconto di fantascienza, poi scopri che a pensarle non è stato un visionario qualunque, ma un governo.
L’idea è questa: i bambini, invece della solita moneta lasciata nel salvadanaio a forma di maialino, ricevono un gruzzoletto direttamente dallo Stato. Non per comprare un gelato o un pacchetto di figurine, ma per iniziare a costruire qualcosa che li accompagnerà tutta la vita.
Dal 2026, in Germania, i ragazzi tra i 6 e i 17 anni avranno diritto a 10 euro al mese, non da spendere subito ma destinati a un fondo pensione. Si chiama Frühstart Rente, letteralmente “partenza anticipata”. Un nome che è già un programma: si parte da piccoli per arrivare più forti al traguardo.
A gestire tutto sarà un conto intestato al bambino, alimentato dallo Stato fino alla maggiore età. Poi, a diciott’anni, la scelta passa nelle mani del diretto interessato: continuare a versare o lasciare che il capitale cresca da solo, con la forza degli interessi e del tempo.
La vera magia sta lì, nella matematica che a scuola magari annoia, ma che nel lungo periodo diventa oro colato. Se i contributi restassero fermi a quelli statali, si stima che al momento della pensione – diciamo a 67 anni – quel piccolo fiume di denaro potrebbe trasformarsi in oltre centomila euro.
Se invece il giovane adulto decidesse di continuare, anche solo con pochi euro ogni mese, la cifra finale schizzerebbe verso i 170mila. Numeri che impressionano, perché raccontano un concetto semplice: il capitale non ha bisogno di essere grande, se ha tanto tempo davanti a sé per moltiplicarsi.
La “paghetta di Stato” ai bambini: dalla Germania un segnale culturale
Al di là dei calcoli, colpisce il segnale culturale. In Germania si prova a dire alle famiglie: il futuro non si improvvisa, si costruisce mattone dopo mattone. E non è una questione di ricchi o poveri, perché quei dieci euro arrivano per tutti, senza distinzioni.

Una piccola somma, certo, ma simbolica. È come se lo Stato volesse insegnare precocemente l’idea che la previdenza non è una tassa sulla vita, bensì un investimento sul domani.
Naturalmente, non mancano le critiche. C’è chi parla di misura simbolica, che non cambierà i destini dei giovani e non risolverà i veri problemi del sistema pensionistico. Eppure, guardandola da vicino, l’iniziativa ha un valore pedagogico: rende concreto un concetto altrimenti astratto, e lo fa in una fase della vita in cui la parola “pensione” sembra lontana quanto Marte.
La prima generazione che riceverà il bonus completo maturerà nel 2038, quando i bambini di oggi avranno diciotto anni. Solo allora si potrà misurare davvero l’impatto di questa idea. Intanto, resta l’immagine di un Paese che prova a investire nel futuro dei più piccoli con la pazienza dei grandi progetti. E in fondo, dieci euro non cambiano la vita in un mese. Ma in sessant’anni, sì.